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dai GIORNALI di OGGI"la Cassazione ha colmato un vuoto, Il quale deve essere riempito dal Parlamento" Napolitano: sì al testamento biologico Per il capo dello Stato, che cita il caso Englaro, tutto questo "nulla ha a che vedere con l'eutanasia" 2009-02-04 |
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per l'articolo completo vai al sito http://www.corriere.it2009-02-04 "la Cassazione ha colmato un vuoto, Il quale deve essere riempito dal Parlamento" Napolitano: sì al testamento biologico Per il capo dello Stato, che cita il caso Englaro, tutto questo "nulla ha a che vedere con l'eutanasia" Il presidente della Repubblica Giorgio napolitano con il primo ministro del Lussemburgo Jean Claude Juncker (Ansa) Il presidente della Repubblica Giorgio napolitano con il primo ministro del Lussemburgo Jean Claude Juncker (Ansa) LUSSEMBURGO - Un appello perché, almeno sui temi etici, la discussione in Parlamento sia pacata. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha auspicato che il Parlamento colmi un vuoto legislativo sul testamento biologico. Su questi temi, ha aggiunto rispondendo ad una domanda, occorre un esame parlamentare pacato. EUTANASIA - In Italia fa capire Napolitano, nessuno parla di introdurre l'eutanasia, ma il caso di Eluana Englaro impone una pronta approvazione della legge sul testamento biologico che regoli i momenti finali della vita. Il capo dello Stato sottolinea che si tratta di "questioni delicate". Tutto questo "nulla ha a che vedere con l'eutanasia". Il caso Englaro nasce attorno al fatto che "la Cassazione ha colmato un vuoto legislativo, il quale deve essere colmato in modo definitivo dal Parlamento". SCHIFANI - Sulla questione è intervenuto anche il presidente del Senato Schifani. "E' questo il momento della vicinanza, della riflessione e della responsabilita" ha detto Schifani. "Quanto sta avvenendo - ha aggiunto Schifani - pone ormai con drammaticità la necessità di un intervento legislativo che sappia prevenire e affrontare situazioni davanti alle quali le famiglie e le persone non possono essere lasciate sole. E apprezzo pienamente il lavoro che, con convinzione e prudenza, il Senato sta portando avanti per giungere al più presto a un risultato concreto sul tema del testamento biologico". Il Presidente del Senato ha proseguito invitando tutti a mettere da parte le diverse visioni politiche, per risolvere in breve tempo un problema "che lascia ciascuna coscienza divisa e incerta, qualunque sia la decisione che ritenga giusta". "L'immagine di Eluana - ha concluso Schifani - qualunque siano le convinzioni personali di ciascuno di noi, ci angoscia e rimane davanti a nostri occhi". 03 febbraio 2009(ultima modifica: 04 febbraio 2009)
L'esperienza del viaggio in ambulanza: "Sono state cinque ore dolorosissime" Il medico, bocconiano con l'orecchino "Lei non è più quella delle fotografie" Da Monte: "Mi sento devastato come uomo, come padre e come cittadino. Quella ragazza è morta 17 anni fa" Amato da Monte seguirà Eluana nella clinica di Udine (Fotogramma) Amato da Monte seguirà Eluana nella clinica di Udine (Fotogramma) UDINE - "Coraggio professore, coraggio. Vada avanti così". L'infermiera che lo accoglie nel cortile del suo ospedale non ha un tono enfatico ma soltanto accorato. Se n'è accorta appena lo ha visto scendere dall'auto. In cinque ore di viaggio il professore è invecchiato di cinque anni. Con gesto materno la donna gli mette una mano sulla spalla, e poi gli chiede com'è andata. Lui punta gli occhi sull'asfalto, scuote la testa. Come a dire lascia stare, meglio non parlarne. "Mi sento profondamente devastato - dirà poco dopo - come uomo, come padre, come cittadino". Amato Da Monte non è uomo di grandi parole. È sempre lapidario, molto deciso. "Da buon dartignino" dicono i suoi colleghi, riferendosi ai suoi natali in quel di Artegna, un paese a pochi chilometri di Gemona. Alle domande risponde con altre domande, un suo vezzo. Ma viaggiare sull'ambulanza con Eluana, accompagnarla nel suo ultimo viaggio, da Lecco ad Udine, non è stata una faccenda da monosillabi. Non poteva esserlo. "La cosa più angosciante, che mi ha accompagnato per tutto il percorso, è stato toccare con mano la grossa diversità che c'è stata tra il vissuto e la realtà". Il professore non l'aveva mai vista dal vero. Come tutti noi, solo fotografie di un passato diventato un immutabile presente. "Ho provato un dolore immenso per questa ragazza, che ci è stata presentata nel fiore della giovinezza, piena di gioia di vivere. Mi sono trovato davanti a una persona completamente diversa dall'immaginario che ognuno di noi si era creato". "Poveretto, deve essere una cosa tremenda" dicevano le infermiere. Ieri mattina Amato De Monte sembrava davvero un cane bastonato. L'espressione abbattuta, capelli ricci e baffi più arruffati del solito. La faccia sembrava sul punto di cascare, e non era solo la stanchezza di una notte insonne. Il mio stato d'animo è devastato, lo ha ripetuto più volte durante l'intervista rilasciata al Tg3 regionale. C'è il protocollo, che lui stesso ha preparato. Una stanza isolata al terzo piano della Clinica La Quiete. Accesso consentito a Beppino Englaro, a suo fratello Armando e alla curatrice speciale della donna. Vietato l'uso di telefonini all'interno. "L'assistenza infermieristica sarà garantita nelle 24 ore". Garantita "pulizia e decoro". Due volte al giorno la visita del medico per "verificare l'eventuale modifica della terapia, qualora fosse insufficiente a evitare la comparsa di segni clinici di sofferenza". C'è poi la squadra, che ha scelto di persona. Altri due medici, 10 infermieri esterni, due consulenti. Ci sono un'infinità di altri protocolli e iter normativi. Ci sono tutte queste cose, certo. Ma poi c'è lei, Eluana. Quel che era, quel che è diventata. Il suo corpo. La sua presenza. Di notte, sull'ambulanza, il professor De Monte ha dovuto farsene carico. Forse è per questo che ha scelto di non usare monosillabi. Ne ha sentito il bisogno. Si doveva liberare di quella esperienza appena vissuta. Di quella visione che ad un nome diventato suo malgrado simbolo di dispute furiose fissava un corpo, qualcosa di reale. "Sono state cinque ore dolorosissime" ha detto. Nel gioco di coperture reciproche che ha consentito l'arrivo della paziente più famosa d'Italia a La Quiete, che in realtà sarebbe una casa di ricovero per anziani, Amato De Monte svolge il ruolo di cerniera. Tra la politica, la cosiddetta società civile e il mondo medico friulano. L'aspetto stravagante, completo di anello d'argento al lobo destro, farebbe pensare ad un outsider, ma si tratta di un effetto ottico. Il professore ha una storia solidissima, cominciata con la laurea a Trieste nel 1979, specializzazione in rianimazione e Farmacologia clinica, a Milano. Ha lavorato per quattro anni in rinomati centri medici statunitensi, ha un master di Gestione e organizzazione in sanità alla Bocconi. Accanto al curriculum e a quattrocento tra lavori scientifici e relazioni ci sono anche vita sociale e amicizie. De Monte viene considerato molto vicino a quell'area post-socialista che di fatto è l'artefice dell'approdo friulano di Eluana. Lo scorso novembre è uscito allo scoperto, ufficialmente contattato dalla famiglia della ragazza. Il suo istituto, dal 2004 è primario al Santa Maria della Misericordia, si è tirato indietro. Lui è rimasto. La notorietà ha comportato la consueta dose di illazioni, tutte riguardanti un suo futuro e molto presunto coinvolgimento in politica. L'unica cosa davvero sicura è il suo rapporto con Beppino Englaro, recente ma improntato a grande fiducia reciproca. "Mi ha colpito il modo in cui esprime il suo perseverare nel cercare di esaudire la volontà della figlia. Di volerla liberare. Ha usato questa parola, che non dimenticherò mai". Solo alla fine De Monte si è ripreso. Guardando fisso nella telecamera ha detto che Eluana non soffrirà "perché è morta 17 anni fa". Questo è il messaggio che voleva far passare il professor De Monte. Ma l'umano sgomento nella voce, quell'aggettivo, "devastato", ripetuto per ben tre volte, e la sua espressione angosciata hanno sortito un altro effetto. Sono serviti a ricordarci che Eluana è ancora un corpo, non un ologramma. Che la fine di questa storia sarà comunque devastante. E ci vorrà davvero molto coraggio. Marco Imarisio 04 febbraio 2009
Percorso di 15 giorni per sospendere la nutrizione Ma Eluana soffrirà? Esperti divisi su come reagiranno il cervello e il corpo MILANO — Quindici giorni forse, ma secondo altri Eluana potrebbe morire prima. Non soffrirà, sostiene Amato De Monte l'anestesista di Udine, capo dell'équipe che la seguirà nei prossimi giorni, ma qualcuno non è d'accordo. Anche su questioni che dovrebbero trovare risposte nella scienza medica, e non nell'etica o nella politica, non c'è uniformità di pareri. Secondo il "protocollo" elaborato dal neurologo Carlo Alberto Defanti, che da anni cura Eluana, da Gian Domenico Borasio dell'Università di Monaco e da De Monte stesso, la sospensione della nutrizione artificiale, attraverso il sondino naso- gastrico, verrà attuata a poco a poco e parallelamente verranno somministrati farmaci sedativi per evitare spasmi o reazioni neuromuscolari. Ma Eluana proverà dolore? "La sola risposta a questa domanda è che non lo sappiamo". Lo sostiene Luciano Gattinoni, direttore del Dipartimento di terapia intensiva al Policlinico di Milano, che aggiunge: "Certo che non può provare dolore come una persona normale, nel senso che non può averne coscienza o localizzarlo nel tempo e nello spazio, perché questo dipende da processi di integrazione che coinvolgono la corteccia cerebrale. Non escluderei, però, che possa avere una percezione del dolore come possono averla anche gli animali". Ecco perché secondo l'esperto milanese, in via precauzionale, una terapia sedativa e antidolorifica anche pesante è obbligatoria. Ancora più decisa la posizione di Marco Perotti, direttore dell'Istituto Tumori di Milano, che ricorda come grazie alla risonanza magnetica si è potuto accertare che certe stimolazioni attivano aree della corteccia cerebrale di persone in stato vegetativo proprio come accade in persone sane. E, infatti, c'è chi suggerisce, come Luca Puccetti, presidente dell'Associazione medica interdisciplinare PromedGalileo, di sottoporre Eluana a una risonanza magnetica funzionale per monitorare l'attività cerebrale nel momento in cui vengono interrotte l'alimentazione e l'idratazione. "Anche per regolarci in futuro in casi del genere — ha detto Puccetti — sarebbe opportuno poter avere da questa vicenda informazioni scientifiche sulle reazioni del corpo umano quando si stacca la spina". D'accordo con il medico che seguirà Eluana nei prossimi giorni è invece Mario Riccio, l'anestesista che ha staccato il respiratore a Giorgio Welby: "Eluana non può sentire fame, sete o dolore". Anche Maurizio Mori, presidente della Consulta di Bioetica, che da molto tempo segue da vicino Eluana, ritiene impossibile che il lento deperimento, cui la giovane andrà incontro, possa comportare una sofferenza. "I suoi centri nervosi — ha detto — Mori — sono distrutti. L'anno scorso l'ho visitata e sono stato con lei per circa un'ora: battere le mani non provoca in lei alcuna reazione. Quando ho chiesto al personale che la assiste se avessero mai notato cambiamenti, mi è stato risposto di no". Molti, però, sostengono che è inumano far morire una persona di fame e di sete. Ancora Gattinoni: "Difficile — spiega — che possa sentire la fame, forse la sete sì e anche per questo saranno necessarie dosi robuste di sedativi che avranno però effetti collaterali". La scienza sa quanto può vivere una persona senza mangiare e senza bere. Il caso dei giovani irlandesi attivisti del-l'Ira (il più noto è Bobby Sands), tutti fra i 22 e i 30 anni, che all'inizio degli anni Ottanta sono morti dopo uno sciopero della fame, insegna: ci sono voluti dai 59 ai 66 giorni. Senza bere, invece, si può sopravvivere dai quattro agli otto giorni. Così quel periodo di quindici giorni ipotizzato da alcuni medici, fra cui Rosalba Tufano, anestesista dell'Università di Napoli, significa che l'idratazione verrà mantenuta almeno parzialmente. "Terry Schiavo, la donna morta a 41 anni il 31 marzo 2005 in in Florida — ricorda Rosalba Tufano — sopravvisse quasi due settimane dopo che i medici avevano staccato i tubi per l'alimentazione artificiale che l'aveva tenuta in vita per 15 anni. Per Terry l'interruzione dell'alimentazione fu immediata e totale". Secondo gli esperti di cure palliative, non è necessaria la somministrazione di liquidi in un paziente morente per alleviare sensazioni sgradevoli. E' sufficiente bagnare le mucose delle labbra, per esempio. Una persona che smette di assumere cibo e liquidi va incontro, alla fine, a un'insufficienza cardiaca e un danno ai reni tali da non permettere più la sopravvivenza. Adriana Bazzi 04 febbraio 2009
L'anestesista Davide Mazzon "Ha perso ogni percezione non si accorgerà di nulla" MILANO — "Che una persona in coma vegetativo da 17 anni abbia una benché minima percezione del dolore è da escludere con un ragionevolissimo margine di certezza". Ne è convinto Davide Mazzon, direttore dell'U.O. di anestesia all'Ospedale di Belluno. "Le conoscenze scientifiche sullo stato vegetativo stabilizzato — aggiunge — ci dicono che dopo un anno si ha una cessazione permanente dello stato di coscienza e l'abolizione della percezione cosciente della sensazione di dolore". Comunque a Eluana verranno somministrati farmaci sedativi. "Ci si comporta in questi casi come quando si accompagna un malato terminale, di cancro per esempio, nelle ultime fasi della vita: viene attuata una sedazione palliativa per eliminare la sofferenza legata al dolore fisico e, nei casi di malati terminali, l'angoscia di morte. E' un percorso terapeutico codificato e previsto dalle linee-guida della Società di cure palliative". La nutrizione attraverso il sondino naso-gastrico verrà sospesa gradualmente. Cambierebbe qualcosa se fosse interrotta bruscamente? "No, è una scelta tecnica che dipende da chi la assiste. Da un punto di vista etico non c'è differenza". A.Bz. 04 febbraio 2009
Il neurologo Giuseppe Nappi "Il dolore si può provare anche se non si è coscienti" MILANO — "Il dolore è una reazione primordiale che si può provare anche quando non sembra esserci coscienza e non si può escludere che una persona in coma vegetativo lo possa sperimentare. Soltanto chi le sta vicino è in grado di dirlo". È questo il parere è di Giuseppe Nappi, neurologo e direttore scientifico della Fondazione neurologica Mondino di Pavia. Ma la scienza medica che cosa dice su questo punto? "Non tutti gli stati vegetativi hanno la stessa assolutezza e fra il tutto e il nulla esiste un'ampia gamma di condizioni. Oggi, infatti, si parla di stati minimi di coscienza (stati, cioè, in cui la corteccia cerebrale conserva aree con funzioni integre, ma non sufficienti a ripristinare la coscienza oppure stati in cui la corteccia rimane intatta, ma ha perduto le connessioni con i centri inferiori del cervello, ndr). Una persona in coma vegetativo non comunica, ma se sente una canzone può avere una reazione e si può anche registrare un'attività cerebrale". Come si può avere la prova che esiste una reazione al dolore? La prova si può avere soltanto misurando oggettivamente le reazioni del cervello a determinati stimoli dolorosi, ma questo si può fare soltanto con tecniche neuroelettriche, che misurano cioè l'attività elettrica del cervello o di neuroimaging che permettono di visualizzare le funzioni". A.Bz. 04 febbraio 2009
EUTANASIA / IL RACCONTO "Il mio compagno voleva farla finita Ma morì in viaggio tra le mie braccia" Il filosofo Vattimo racconta la storia di Sergio: era incurabile, stavamo andando in una clinica in Olanda Gianni Vattimo (Lapresse) Gianni Vattimo (Lapresse) MILANO - "Ho ringraziato Dio, o la sorte, che Sergio sia morto tra le mie braccia, e non in quella clinica. Per avergli detto addio in volo, il sabato di Pasqua, sull'aereo che lo portava in Olanda, anziché consegnarlo a un medico. Per averlo tenuto abbracciato fino a quando non lo sentii freddo, anziché affidare il suo corpo vivo all'eutanasia. Capisco l'angoscia del signor Englaro, per averne vissuta una diversa ma forse persino più grande. Più grande perché Eluana in realtà è morta diciassette anni fa, mentre Sergio camminava, parlava, era consapevole, aveva scelto di morire, e mi aveva chiesto di stargli accanto, di far sì che accadesse. Un compito terribile, che mi terrorizzava. Ma l'avrei fatto. Così come ritengo abbia il diritto di farlo Beppino Englaro". Gianni Vattimo non è soltanto il filosofo italiano più noto all'estero, che da sempre ragiona sulla vita e sulla morte. È un uomo che ha molto amato e sofferto, e si è trovato a dover affrontare l'eutanasia di una persona cara. Una storia che racconta oggi per la prima volta, con voce bassa, raccomandando solo di scriverla fedelmente, "senza troppi piagnistei". "Era un volo New York-Francoforte-Amsterdam. Pasqua 2003. Sergio, il mio compagno da undici anni, aveva scoperto tre mesi prima di avere un tumore al polmone sinistro. Inoperabile. Incurabile. Mi disse che aveva già perso una sorella in quel modo. L'aveva vista che smagriva e si spegneva ogni giorno, era ridotta a una larva, eppure non moriva mai. Piuttosto che finire così, disse, meglio l'eutanasia. Ne parlai con i amici medici. Ci iscrivemmo all'associazione Dignitas, in Svizzera, che garantisce assistenza; ma scoprimmo che si limitava a fornire la pillola, da prendere poi a casa propria. Non ce la siamo sentita. Poi presi contatto con un medico olandese, di origine italiana. Ci propose: venite qui. Non si trattava ovviamente di uccidere Sergio in un secondo, ma di non farlo soffrire, di affrettarne la fine in una situazione meno tesa che in Italia. Accettammo. Sergio chiese solo, prima di andare ad Amsterdam, di fare un ultimo viaggio insieme, in America, per realizzare il suo sogno di storico dell'architettura: vedere la casa sulla cascata che Lloyd Wright aveva costruito in Pennsylvania". "Sergio andò a prendere congedo dalla madre, a Torino. Fu un momento molto doloroso, ma lui era sereno, e convincente. Disse che la sua vita era stata felice, che a 47 anni aveva visto mezzo mondo; e in effetti insieme eravamo stati dappertutto, in India, in Africa, in Sud America. Ci mancava quell'ultimo viaggio. Arrivammo a Los Angeles, passammo in California qualche giorno, ma lui la notte stava male, non riusciva a dormire, e procurarsi antidolorifici era complicato. Poi volammo a Pittsburgh, e in due ore di macchina eravamo nella casa sulla cascata. Era il venerdì santo. Un posto bellissimo, in cui però non tornerei per nulla al mondo. Sergio non riuscì neppure a salire al secondo piano, tanto era debole. Partimmo verso New York. Il volo Lufthansa per Francoforte-Amsterdam decollava sabato pomeriggio. Sergio mi disse che voleva vedere per l'ultima volta Manhattan e comprare un vaso Anni '30 di Scarpa, il suo designer preferito; lo trovammo, ma quel giro lo stancò molto". "All'imbarco era molto debole. Chiesi agli steward di portare a bordo dell'ossigeno, mi dissero che non era possibile. Fingemmo di star bene e ci imbarcammo, lui reggendosi al bastone. Avevamo i biglietti di business, nelle prime file. Dopo due ore di volo Sergio andò in bagno, e non uscì più. Forzai la porta. Lo trovai che respirava appena. Tentai di rianimarlo, a bordo c'era un medico che provò la respirazione bocca a bocca, ma non c'era più nulla da fare. L'ho tenuto stretto fin quando non l'ho sentito freddo. E ho trovato consolazione in un solo pensiero, non doverlo accompagnare in quella clinica". "Sergio aveva un coraggio da leone: voleva morire, e morire bene. Accanto a me aveva assistito a una lunga agonia: quella del mio primo compagno, Gianpiero Cavaglià. Sergio Mamino era venuto a vivere da noi nel 1977, quand'era studente universitario e io preside di facoltà. Eravamo una famiglia allargata... Nell'86 Gianpiero scoprì di avere l'Aids. Anni di patimenti, complicazioni, malattie sopravvenute, tra cui l'epilessia. Ingoiando l'intera confezione di pastiglie contro l'epilessia, il mattino di Pasqua del 2002, Gianpiero tentò di suicidarsi. Lo salvammo, e mentre io chiamavo l'ambulanza Sergio faceva sparire un biglietto che avevo appena intravisto, in cui Gianpiero chiedeva di essere perdonato. Un medico mi disse che avrei fatto meglio a lasciarlo andare. Ma qualche sera dopo, vedendo un film insieme, gli chiesi se era felice di esserci ancora. Mi rispose che era sereno. Gli restavano sei mesi. Si spense alla fine dell'anno". "Credo che nessuno possa condannare la scelta del padre di Eluana. Tanto meno la Chiesa. Io mi sono formato nell'Azione Cattolica, sono credente da sempre, piuttosto che diventare come Odifreddi e Flores d'Arcais crederei pure a Fatima; ma sono sempre più critico verso la Chiesa e questo suo modo di terrorizzare i cristiani. L'insistenza per tener viva Eluana è uno scandalo. Fin dallo stoicismo e dai martiri cristiani, l'uomo rinuncia alla vita che ritiene non degna di essere vissuta. Sostenere che la vita appartiene a Dio, e solo Dio può liberarti dall'agonia e dalla sofferenza, significa costruire un inferno tecnologicamente aggiornato". Aldo Cazzullo 04 febbraio 2009
2009-02-03 Flick (Corte costituzionale): preoccupazione per il conflitto politico Cei: "Eluana, è eutanasia. Ora si preghi" Fini: "Rispettare decisione dei genitori" No comment di Berlusconi. Monsignor Crociata "È il momento di tacere". Sacconi: "Stiamo valutando il caso" ROMA - La Cei e il Vaticano tornano all'attacco sulla vicenda di Eluana Englaro, la ragazza in stato vegetativo da 17 anni che è stata trasferita nella clinica di Udine dove sarà staccato il sondino che la tiene in vita. "Interrompere alimentazione e idratazione è eutanasia - dice monsignor Crociata -. Ora è il momento di tacere. Chi crede, prega". È "inconcepibile pensare di uccidere una persona in questo modo", ha aggiunto il presidente del Pontificio consiglio per gli operatori sanitari, Javier Lozano Barragan. E mentre il premier, Silvio Berlusconi, preferisce non intervenire sulla vicenda, a parlare per il governo è il sottosegretario alla Salute, Eugenia Roccella: "C'è una incompatibilità oggettiva - dice - tra il Servizio sanitario nazionale e l'applicazione del decreto della Corte d'appello di Milano" che autorizza la sospensione dei trattamenti di nutrizione e idratazione artificiali. "Chiederemo informazioni dettagliate alla clinica La Quiete di Udine sul protocollo e le modalità amministrative e chiederemo se è vero che Eluana Englaro non è stata ricoverata a scopo di cura - ha aggiunto Roccella -. Vigileremo e faremo in modo di assicurare che siano rispettate le regole del Ssn". FINI - Una voce decisamente fuori dal coro è quella del presidente della Camera, Gianfranco Fini: "Invidio chi ha certezze sul caso Englaro. Personalmente non ne ho, né religiose né scientifiche. Ho solo dubbi, uno su tutti: qual è e dov'è il confine tra un essere vivente e un vegetale? Penso che solo i genitori di Eluana abbiano il diritto di fornire una risposta. E avverto il dovere di rispettarla". Il ministro del Welfare Maurizio Sacconi (Lapresse) Il ministro del Welfare Maurizio Sacconi (Lapresse) SACCONI - Il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi - che a dicembre aveva emanato un atto di indirizzo che impediva di fatto a tutte le strutture sanitarie pubbliche di dare corso alla sentenza sullo stop dell'alimentazione forzata - ha però reso noto che sta valutando il caso "anche dal punto di vista formale, alla luce della situazione di fatto e diritto. Ma oltre a questo, valgono gli interrogativi che dobbiamo porci nell'assoluto rispetto di tutte le posizioni". Il ministro, oltre a ritenere doverosa la comprensione "verso il dramma della famiglia", considera altrettanto doveroso che società e istituzioni riflettano sul senso della vita e dalla morte, "nel caso specifico di una persona che si trova in stato vegetativo, non è in una condizione di morte cerebrale tanto che nessuno ha ipotizzato l'espianto degli organi, che nell'attuale condizione non è sottoposta ad accanimento terapeutico ma piuttosto ad alimentazione e idratazione attraverso un sondino in quanto non è in grado di provvedere a se stessa, che è in una condizione di molti disabili e non ha espresso una volontà che deve essere acclarata da una certificazione come probabilmente chiederà la nuova legislazione". VELTRONI - Per Walter Veltroni, la politica deve restare fuori da vicende così delicate. ""Io ho solo due certezze - spiega il leader del Pd. - La prima è che i genitori di Eluana sono persone che hanno dentro questo dramma e credo possano testimoniare la volontà della loro fede". La seconda certezza è che "ci sono ripetute e diverse sentenze ed è giusto che siano rispettate". Conclude Veltroni: "Più la politica si tiene fuori da vicende come questa e si impegna in Parlamento, come ha detto Napolitano, per una legge sul testamento biologico e meglio è". FLICK - Anche il presidente della Corte costituzionale, Giovanni Maria Flick, è intervenuto sul caso Englaro. Parlando agli studenti di un istituto del Milanese ha detto di essere preoccupato perché "un problema drammatico di questo tipo è diventato oggetto di un conflitto politico ideologico di contrapposizione che sarebbe meglio non ci fosse". Flick ha detto di avere "profonda pena" per la famiglia Englaro e, in particolare, per il padre Beppino. "È diventato un tema su cui tutta l'Italia dibatte - ha osservato Flick - e penso allo strazio del padre. Credo che si debba riconoscere maggiore riservatezza e rispetto del dramma che sta vivendo". VERONESI - Interviene anche Umberto Veronesi: "La vicenda di Eluana è giunta a un epilogo inevitabile" ha detto l'ex ministro della Salute. "Questa era la volontà di Eluana, e la volontà della persona sulle scelte che la riguardano va rispettata sempre e comunque". 03 febbraio 2009
La veglia del vescovo nel capoluogo friulano Pane e acqua, sit-in davanti all'ospedale: Protesta dei movimenti per la vita, con loro anche l'assessore regionale Boscagli, cognato di Formigoni DAL NOSTRO INVIATO LECCO — Non vogliono lasciarla andare. "Non faremo passare l'ambulanza — dicono —. Eluana non deve morire ". Appena si diffonde la notizia che Eluana Englaro sta per tornare in Friuli, fuori dalla clinica "Beato Luigi Talamoni" di Lecco si raduna un gruppo di attivisti. Una è Maria Grazia Colombo, presidente nazionale dei genitori scuole cattoliche: "Trovo terribile questo trasferimento fatto in piena notte — dice — come se ci fosse qualcosa da nascondere". Accanto a lei c'è Antonella Vian, del "Movimento aiuto alla Vita". Ha portato una foto di Eluana, una bottiglia d'acqua, una pagnotta e una candela "perché è tutto quello di cui Eluana ha bisogno per vivere. Io so che non vuole morire e visto non può urlarlo lei, lo grido io. La seguiremo fino a Udine ". In preghiera con loro c'è anche Giulio Boscagli, assessore alla Famiglia della Regione Lombardia e cognato del governatore Roberto Formigoni. È addolorato: "La portano via come un ladro nella notte. Portano via questa ragazza disabile, la portano a morire. Siamo qui per testimoniare che non ci arrendiamo di fronte a una deriva eutanasica. C'è qualcosa di superiore alla legge, che è la dignità della vita". Vorrebbero fermare l'ambulanza, ma la clinica è presidiata dalla Digos. "La polizia ci ha avvertito di non fare sciocchezze — dice Paolo Gulisano, medico, del Centro aiuto per la vita: —. Faremo un sit-in non violento ". A Udine l'arcivescovo Pietro Brollo annuncia una veglia di preghiera nel santuario di Santa Maria delle Grazie, la parrocchia della clinica La Quiete, e lancia un appello: "Accogliamo Eluana per farla vivere. Mi rivolgo alla coscienza di tutti, perché chi ha chiaro di essere al cospetto di una persona vivente non esiti a volerne la tutela, mentre quanti dubitano ancora abbiano la prudenza di astenersi da qualsiasi decisione irreparabile. Il solo dovere che ha la società nei suoi confronti è aiutarla a vivere". Gra. Mot. 03 febbraio 2009
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REPUBBLICA per l'articolo completo vai al sito http://www.repubblica.it/2009-02-04 Eluana, Sacconi non si arrende "Valutiamo l'idoneità della clinica" ROMA - Il governo sta valutando l'idononeità della casa di riposo 'La Quiete' di Udine e le modalità del ricovero di Eluana per il suo 'ultimo viaggio'. Non non si arrende il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi e, attraverso il Gr1 Rai, fa sapere che il caso Englaro non è chiuso. "Abbiamo chiesto alla Regione Friuli informazioni circa il grado di abilitazione di questa casa di riposo", ha dichiarato il ministro nell'intervista radiofonica, "perché lo stesso ricovero sembra sia stato realizzato con un fine di accudimento". E ha aggiunto: "Mio dovere è quello di non girarmi dall'altra parte di fronte a un tema così grande e, nel dubbio, insisto nel prendere la posizione che ho già preso, anche a nome del governo". (4 febbraio 2009) Tutti gli articoli di cronaca
IL COMMENTO Quel corpo conteso di ADRIANO SOFRI QUANTE parole si sono consumate. "Rispetto", per esempio. Consumata, abusata. "Rispetto, ma...". E poi Vita, e Morte. Come si chiamerà l'assassinio quando si sia chiamata "mano assassina" quella di un medico, di un infermiere? Come si chiamerà la pena di morte quando si sia dichiarata "condanna a morte" la possibilità di lasciare riposare in pace una esistenza irreparabilmente spezzata? Che vocabolario si potrà condividere quando si siano chiamati "volontari di morte" uomini e donne che per professione e vocazione salvano e curano vite fin oltre la ragionevole speranza? Non si illudano, coloro che si sentono difensori della Vita, e hanno proclamato gli altri adepti della Morte. Non è stato questo il punto, non lo è, non lo sarà. C'è una scelta che vuole sequestrare le persone a se stesse, e una che le vuole lasciare responsabili di sé. Chi ha sostenuto il signor Englaro in tanti anni non ha voluto altro che questo. Che fosse riconosciuto che nessuno avrebbe potuto decidere meglio di lui e di sua moglie, che ricordano e immaginano la volontà della loro figlia, finché ebbe una volontà. Qui corre la differenza che vorrebbe lacerare la coscienza di un paese. Da una parte, rispetto vero e vero affetto per qualunque esito si voglia per sé e per i propri cari - un'assistenza a oltranza, senza alcuna riserva e alcuna scadenza, o la rinuncia e la fine. Dall'altra, in nome di un'assolutezza, l'imposizione di una via forzata, a costo del trafugamento dei corpi e del sequestro delle persone. Al costo di trasformare un acquisto della cura - la nutrizione artificiale - in alimentazione forzata per volontà di Dio e legge dello Stato. I cittadini italiani che stanno dalla parte di Beppino Englaro sono tanti, incomparabilmente più numerosi di quelli che si raccolgono a gridare "assassini" al passaggio di un'ambulanza, o di quell'uno che si concede la bravata di sdraiarsi sul cofano dell'ambulanza. Non basterebbe questo, non basta essere maggioranza, e stragrande maggioranza, per stare dalla parte buona. E c'è sia in loro che negli altri rispetto vero, affetto e compassione veri. Quello che decide è l'immedesimazione nella vicenda di quella famiglia. Che cosa vorrei per me, che cosa vorrei per le persone che amo? E qualunque risposta particolare dia a questa domanda, c'è una cosa che non posso volere: che altri, autorità di ogni rango, ministri dello Stato e della Chiesa e della Scienza, mi esproprino della mia libertà di vivere e di morire. È perfino buffo che si deprechi la presunta sfrenatezza "individualista" di questa strenua volontà. Non si vive soli, e sarebbe piuttosto il sequestro di una legge o di un macchinario a far morire soli. Il chiasso delle convinzioni assolute e delle invasioni dei corpi non impedisce di avvertire questa nuova consapevolezza. La politica ci arriva tardissimo e malissimo, persuasa com'è stata per antica tradizione che la propria lussuosa competenza sia l'incompetenza, e che bazzecole come nascita e morte, malattia e dolore fossero affari di preti e di medici, o tutt'al più di radicali. Ma è questo uno degli ambiti in cui le persone sono molto più avanti: perché le persone si ammalano, conoscono l'odore degli ospedali, si improvvisano infermieri, sanno che cosa vuol dire diventare così vecchi, si stringono, ragazzi coi motorini, nell'anticamera di una rianimazione in cui uno di loro sta fra la morte e la vita, e quale vita. Principi della Chiesa rincarano le loro incrollabili prescrizioni. Ma anche il loro vocabolario scricchiola. "Eutanasia", ha ripetuto Benedetto XVI domenica, "falsa risposta alla sofferenza". Forse non intendeva rispondergli il presidente della Repubblica, quando ha detto asciuttamente che nella vicissitudine di Eluana non si tratta di eutanasia. Non è eutanasia. È l'interruzione di una cura non voluta - diciassette anni dopo! - lecita e buona quanto la prosecuzione di una cura voluta. Ci sono anche altri segni, nella lingua. Non conosco il presidente della Camera, e l'idea che me ne sono fatto negli anni derivava anche da certi suoi tic retorici: "Non v'ha dubbio alcuno che...", "Di tutta evidenza...". Ieri ha detto di aver solo dubbi, e nel dubbio di affidarsi ai primi responsabili: "Personalmente ho solo dubbi, uno su tutti: dov'è il confine tra un essere vivente e un vegetale? Penso che solo i genitori di Eluana abbiano il diritto di fornire una risposta. E avverto il dovere di rispettarla". C'è un bellissimo pensiero, forse il più umano dei pensieri, nel discorso che il Papa ha voluto dedicare domenica all'ennesima condanna dell'eutanasia. "Nessuna lacrima, né di chi soffre, né di chi gli sta vicino, va perduta davanti a Dio". Un pensiero così bello, la ribellione alla dilapidazione delle lacrime non asciugate, non viste, non ascoltate che bagnano la terra, ha tuttavia santificato in passato e vorrebbe giustificare ancora una rassegnazione alla sofferenza. Rifiutare il dolore, curarlo, lenirlo, ridurne l'aggressione alla dignità dei corpi e delle menti, è un compito decisivo. Non basterà a cancellare la sofferenza dalla condizione umana: quella sofferenza che, anche senza cercarne il riscatto in un Dio, vissuta da ciascuno e da ciascuno immaginata, permette agli umani di sentirsi prossimi e fraterni. È questa solidarietà il senso della nostra sofferenza. Oceani di lacrime inondano la terra. Se non c'è un Dio a raccoglierle, e tanto meno ad amarle come un sacrificio umano a lui offerto, ciascuno di noi può prendersene una parte. Nei prossimi giorni si vorrà inscenare l'impressionante gara di angeli e demoni che si contendono il corpo di Eluana, come in un Trionfo della Morte del medioevo contemporaneo, che vuole celebrare nell'aldiquà il suo giudizio universale. Sceso dal suo viaggio di accompagnamento di Eluana, l'Eluana com'è oggi, non quella delle fotografie, il primario di anestesia udinese ha detto parole toccanti: "Sono profondamente devastato come uomo, come padre, come medico e come cittadino. Tutta la società civile dovrebbe riflettere sullo scollamento tra il sentire sociale e la posizione della politica e della chiesa sul tema della vita vegetale". Il Parlamento andrà avanti a discutere di una legge sulla fine della vita, che vorrà forse sfidare la libertà e la volontà della grande maggioranza dei cittadini, costringendoli vita natural durante, e anzi innaturale, alla alimentazione forzata. Se avvenisse, la legge colmerebbe un vuoto con un pieno assai peggiore. (4 febbraio 2009)
LA SCHEDA Eluana, un calvario lungo 17 anni
DICIASSETTE anni tra la vita e la morte. Di seguito, le tappe che hanno segnato la lunga e drammatica vicenda di Eluana Englaro. 18 gennaio 1992 - Dopo un incidente d'auto, Eluana, vent'anni, entra in uno stato vegetativo. E' ricoverata a Lecco. 1993 - A un anno dall'incidente, la regione superiore del cervello di Eluana è andata incontro a una degenerazione definitiva. I medici non lasciano alcuna speranza di ripresa. 1994 - Eluana entra nella casa di cura di Lecco "Beato L. Talamoni", delle Suore Misericordine. Deve essere alimentata con un sondino nasogastrico e idratata. 1999 - Il padre di Eluana, Beppino Englaro, chiede al tribunale di Lecco di poter rifiutare l'alimentazione artificiale della figlia. Ma i giudici dicono no. 2000 - Englaro si rivolge anche al presidente della Repubblica Azeglio Ciampi, e dice che Eluana aveva detto che non avrebbe mai accettato di vivere in quelle condizioni. 2003 - Viene ripresentata la richiesta di lasciar morire Eluana, ma tribunale e Corte d'Appello la respingono. E così accadrà ancora nel 2006. 2005 - Il 20 aprile la Corte di Cassazione avalla la decisione dei giudici milanesi presa nel 2003, ma apre uno spiraglio alla richiesta del padre, ritenendo che la stessa non poteva essere accolta perché, tra l'altro, mancavano "specifiche risultanze" sulle reali volontà della ragazza. 2007 - Il 16 ottobre la Cassazione rinvia di nuovo la decisione alla Corte d'Appello di Milano, sostenendo che il giudice può autorizzare l'interruzione in presenza di due circostanze concorrenti: lo stato vegetativo irreversibile del paziente e l'accertamento che questi, se cosciente, non avrebbe prestato il suo consenso alla continuazione del trattamento. 9 luglio 2008 - La Corte d'appello di Milano riesamina la vicenda e autorizza la sospensione dell'alimentazione. 16 luglio 2008 - Camera e Senato sollevano un conflitto di attribuzione contro la Cassazione. Il caso finisce in Corte Costituzionale. 3 settembre 2008 - La famiglia chiede alla Regione Lombardia di indicare una struttura dove eseguire quanto stabilito dalla Corte d'appello, cioè interrompere definitivamente l'alimentazione artificiale e l'idratazione. Ma la Regione dice no. 8 ottobre 2008 - La Corte Costituzionale dà ragione a Cassazione e Corte d'Appello (che avevano stabilito le condizioni per l'interruzione dell'alimentazione). 11 ottobre 2008 - Le condizioni di Eluana si aggravano a causa di un'emorragia interna. 16 dicembre 2008 - Il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, firma un atto di indirizzo per le Regioni al fine di "garantire a qualunque persona diversamente abile il diritto alla nutrizione e idratazione" in tutte le strutture del Servizio sanitario nazionale, precisando che lo stop a tali trattamenti nelle strutture del Ssn è "illegale". 22 dicembre 2008 - La Corte europea per i diritti dell'uomo respinge, giudicandolo "irricevibile", il ricorso presentato da diverse associazione contro la sentenza della Corte d'appello di Milano che autorizza il distacco del sondino per l'alimentazione artificiale ad Eluana. 16 gennaio 2009 - La Clinica "Città di Udine" rinuncia ad accogliere Eluana a causa del "groviglio" di norme amministrative e la possibile sovrapposizione di competenze esistenti tra Stato e Regioni". Secondo la clinica, alla luce soprattutto dell'atto di indirizzo, il ministro potrebbe prendere iniziative che metterebbero a repentaglio l'operatività della struttura, e quindi il posto di lavoro di più di 300 persone. 17 gennaio 2009 - Il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, è indagato dalla Procura di Roma con l'accusa di violenza privata, in merito al caso di Eluana Englaro. Gli atti sono predisposti in seguito a una denuncia dei radicali. 31 gennaio 2009 - L'appello della Procura di Milano all'apertura dell'Anno Giudiziario: "Le sentenze devono essere applicate". 3 febbraio 2009 - In seguito alla richiesta del padre, Eluana viene dimessa dalla clinica di Lecco e trasportata nella struttura "La Quiete" di Udine. (3 febbraio 2009)
Intervista del responsabile dell'equipe: "Passo indietro di Chiesa e politica" "Le condizioni reali di questa donna lontane dalla sua immagine da giovane" Il medico di Udine: "Sono devastato ma i miei sentimenti passano in secondo piano" Il medico di Udine: "Sono devastato ma i miei sentimenti passano in secondo piano" UDINE - "Sono profondamente devastato come uomo, come padre, come medico e come cittadino". Poche parole, di grande sofferenza e dignità civile quelle che pronuncia Amato De Monte, primario del primo reparto di anestesia dell'ospedale Santa Maria della Misericordia di Udine, che la scorsa notte ha accompagnato Eluana Englaro nel viaggio da Lecco a Udine e che guiderà l'equipe disponibile ad attuare la sentenza per l'interruzione dell'alimentazione e dell'idratazione della donna. Le pronuncia per spiegare la sua decisione, ma soprattutto per lanciare un appello ad abbandonare la retorica e le strumentalizzazioni sul caso di Eluana e a comprendere il dolore e la sofferenza dei protagonisti. Oltre che un duro giudizio su chi - dalla Chiesa alla politica - ha trasformato la storia di Eluana, fino a dimenticare le reali condizioni della donna. "Tutti i miei sentimenti - ha detto in un'intervista esclusiva al Tgr del Friuli Venezia Giulia - passa nettamente in secondo piano davanti al dolore della famiglia Englaro". "Io penso - ha aggiunto - che tutta la società civile dovrebbe fare un grosso ripensamento su questa tematica e soprattutto sullo scollamento che su questo problema esiste tra il sentire sociale e la posizione della politica e della Chiesa". Parlando del viaggio della notte scorsa De Monte racconta di aver toccato "con mano la grossa diversità che c'è fra il vissuto che abbiamo avuto tutti, quindi l'opinione pubblica, di questa ragazza che ci è stata sempre presentata nel fiore della giovinezza e - ha sottolineato - trovarmi, invece, davanti, a una persona che è completamente diversa dall'immaginario che penso ognuno di noi si era creato di questa ragazza". "Queste sono le prime e ultime mie parole sull'argomento e penso di potermi fare portavoce anche della famiglia Englaro nel reclamare assolutamente la più totale privacy in questo dolorosissimo momento". (3 febbraio 2009)
2009-02-03 Toni durissimi di alcuni esponenti del Pdl. Ma il ministro Rotondi dice: "Si può solo pregare" Anche nel Pd si riaccende la polemica. L'Udc chiede a Berlusconi di convocare il consiglio dei ministri Schieramenti politici divisi su Eluana Napolitano: "Sì al testamento biologico" Fini: "Solo il padre ha il diritto di fornire una risposta. E sento il dovere di rispettarla" Schieramenti politici divisi su Eluana Napolitano: "Sì al testamento biologico" ROMA - C'è uno scontro che si consuma lontano dal letto dove Eluana Englaro sta trascorrendo i suoi ultimi giorni di vita. Uno scontro tutto politico che vede i poli divisi, anche al loro interno, e la Chiesa che fa sentire, con forza, la sua voce. Spingendosi a chiedere al governo "di fermare la mano assassina". Da mesi ormai la vicenda di Eluana, in stato vegetativo da 17 anni, mischia polemica, politica, diritti da tutelare, riflessioni su che cosa si intenda con il concetto di vita. E riverbera i suoi effetti su un'altra questione tormentata e foriera di nuove divisioni, anche trasversali, come quella del testamento biologico per il quale il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano è tornato oggi a chiedere un impegno del Parlamento. Parlando in Lussemburgo, il capo dello Stato ha auspicato infatti che le Camere colmino l'attuale vuoto legislativo con "un esame parlamentare pacato". Ma anche oggi che Eluana è nella clinica di Udine, all'esterno il clamore cresce. Tace Silvio Berlusconi che dalla vicenda si è tenuto ai margini conscio della delicata trasversalità del tema, mentre il ministro Guido Sacconi dice, sibillinamente, che il governo "sta valutando la situazione anche da un punto di vista formale". "Credo - aggiunge in serata a Porta a Porta - che la legge vigente, in assenza della nuova regolazione sul fine vita di cui si sta occupando il Parlamento, sia molto chiara e prevede il dovere di garantire idratazione e alimentazione". Estremente pacate invece le parole del presidente dellla Camera Gianfranco Fini. "Invidio chi ha certezze sul caso Englaro - commenta - Personalmente non ne ho, né religiose né scientifiche. Ho solo dubbi, uno su tutti: qual è e dov'è il confine tra un essere vivente e un vegetale? Penso che solo i genitori di Eluana abbiano il diritto di fornire una risposta. E avverto il dovere di rispettarla". Ma dentro il Pdl sono in molti quelli che riprendono la definizione di "assassinio" usata oggi su Repubblica dal cardinale Barragan, "il ministro della salute" del Vaticano. "Bisogna a tutti i costi fermare il boia", tuona Gabriella Carlucci, ex soubrette ora in politica nelle file del Pdl. "E' iniziato l'omicidio di Eluana, che rischia di avvenire impunemente e senza turbare convenzioni e erogazioni di pubblico denaro", sentenzia il presidente dei senatori del Pdl, Maurizio Gasparri. "Si fermino, hanno ancora il tempo per riflettere e valutare le conseguenze della loro azione", dice Enrico La Loggia, vicepresidente del gruppo del Pdl della Camera. Il sottosegretario dell'Interno Alfredo Mantovano commenta: "Sarà la prima condanna a morte dopo il 1948". Assassinio, crimine, boia. Ma non tutti nel Pdl condividono questi toni. C'è chi, come Benedetto Della Vedova, presidente dei Riformatori liberali e deputato Pdl, chiede il rispetto delle decisioni della magistratura e trova "assurdo e inumano il linciaggio di Beppino Englaro. Eluana ha vissuto il suo calvario clinico e giudiziario, ora lasciamola andare". Altra voce dissonante quella del deputato Gaetano Pecorella: "Quando c'è una sentenza questa deve essere rispettata e applicata, perché altrimenti non regge più tutto il sistema sociale" Silenzio contro il clamore. E' quello che chiede un ministro cattolico come Gianfranco Rotondi: "Di fronte a questo dramma penso che oramai ci sia solo da tacere e pregare". Nulla di tutto questo, invece, fa l'Udc che, per bocca di Rocco Buttiglione, chiede l'intervento del governo: "Berlusconi convochi subito un consiglio dei ministri per fare una legge per il testamento biologico". Sul fronte del Pd se il senatore Ignazio Marino, promotore dell'appello per il testamento biologico, torna a sostenere il diritto di decidere da soli, la teocon Paola Binetti non nasconde la sua amarezza: "E' un'aberrazione, serva la massima vigilanza perché casi del genere non si ripetano più". Parole che suonano come un monito sulla discussione, travagliata, che il Pd sta conducendo al suo interno sul testamento biologico. Per evitare la conta o lacerazioni traumatiche, i democratici hanno trovato una mediazione tra laici e cattolici sul garantire a tutti idratazione e alimentazione aritificiale (che sono "atti medici" e non terapie) a esclusione di chi abbia specificato di non volerli nel caso in cui si trovasse nella condizione di Eluana. Che, come sottofondo agli ultimi giorni, continua ad avere polemiche e anatemi. (3 febbraio 2009)
2009-02-03 Toni durissimi di alcuni esponenti del Pdl. Ma il ministro Rotondi dice: "Si può solo pregare" Anche nel Pd si riaccende la polemica. L'Udc chiede a Berlusconi di convocare il consiglio dei ministri Schieramenti politici divisi su Eluana Napolitano: "Sì al testamento biologico" Fini: "Solo il padre ha il diritto di fornire una risposta. E sento il dovere di rispettarla" Schieramenti politici divisi su Eluana Napolitano: "Sì al testamento biologico" ROMA - C'è uno scontro che si consuma lontano dal letto dove Eluana Englaro sta trascorrendo i suoi ultimi giorni di vita. Uno scontro tutto politico che vede i poli divisi, anche al loro interno, e la Chiesa che fa sentire, con forza, la sua voce. Spingendosi a chiedere al governo "di fermare la mano assassina". Da mesi ormai la vicenda di Eluana, in stato vegetativo da 17 anni, mischia polemica, politica, diritti da tutelare, riflessioni su che cosa si intenda con il concetto di vita. E riverbera i suoi effetti su un'altra questione tormentata e foriera di nuove divisioni, anche trasversali, come quella del testamento biologico per il quale il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano è tornato oggi a chiedere un impegno del Parlamento. Parlando in Lussemburgo, il capo dello Stato ha auspicato infatti che le Camere colmino l'attuale vuoto legislativo con "un esame parlamentare pacato". Ma anche oggi che Eluana è nella clinica di Udine, all'esterno il clamore cresce. Tace Silvio Berlusconi che dalla vicenda si è tenuto ai margini conscio della delicata trasversalità del tema, mentre il ministro Guido Sacconi dice, sibillinamente, che il governo "sta valutando la situazione anche da un punto di vista formale". "Credo - aggiunge in serata a Porta a Porta - che la legge vigente, in assenza della nuova regolazione sul fine vita di cui si sta occupando il Parlamento, sia molto chiara e prevede il dovere di garantire idratazione e alimentazione". Estremente pacate invece le parole del presidente dellla Camera Gianfranco Fini. "Invidio chi ha certezze sul caso Englaro - commenta - Personalmente non ne ho, né religiose né scientifiche. Ho solo dubbi, uno su tutti: qual è e dov'è il confine tra un essere vivente e un vegetale? Penso che solo i genitori di Eluana abbiano il diritto di fornire una risposta. E avverto il dovere di rispettarla". Ma dentro il Pdl sono in molti quelli che riprendono la definizione di "assassinio" usata oggi su Repubblica dal cardinale Barragan, "il ministro della salute" del Vaticano. "Bisogna a tutti i costi fermare il boia", tuona Gabriella Carlucci, ex soubrette ora in politica nelle file del Pdl. "E' iniziato l'omicidio di Eluana, che rischia di avvenire impunemente e senza turbare convenzioni e erogazioni di pubblico denaro", sentenzia il presidente dei senatori del Pdl, Maurizio Gasparri. "Si fermino, hanno ancora il tempo per riflettere e valutare le conseguenze della loro azione", dice Enrico La Loggia, vicepresidente del gruppo del Pdl della Camera. Il sottosegretario dell'Interno Alfredo Mantovano commenta: "Sarà la prima condanna a morte dopo il 1948". Assassinio, crimine, boia. Ma non tutti nel Pdl condividono questi toni. C'è chi, come Benedetto Della Vedova, presidente dei Riformatori liberali e deputato Pdl, chiede il rispetto delle decisioni della magistratura e trova "assurdo e inumano il linciaggio di Beppino Englaro. Eluana ha vissuto il suo calvario clinico e giudiziario, ora lasciamola andare". Altra voce dissonante quella del deputato Gaetano Pecorella: "Quando c'è una sentenza questa deve essere rispettata e applicata, perché altrimenti non regge più tutto il sistema sociale" Silenzio contro il clamore. E' quello che chiede un ministro cattolico come Gianfranco Rotondi: "Di fronte a questo dramma penso che oramai ci sia solo da tacere e pregare". Nulla di tutto questo, invece, fa l'Udc che, per bocca di Rocco Buttiglione, chiede l'intervento del governo: "Berlusconi convochi subito un consiglio dei ministri per fare una legge per il testamento biologico". Sul fronte del Pd se il senatore Ignazio Marino, promotore dell'appello per il testamento biologico, torna a sostenere il diritto di decidere da soli, la teocon Paola Binetti non nasconde la sua amarezza: "E' un'aberrazione, serva la massima vigilanza perché casi del genere non si ripetano più". Parole che suonano come un monito sulla discussione, travagliata, che il Pd sta conducendo al suo interno sul testamento biologico. Per evitare la conta o lacerazioni traumatiche, i democratici hanno trovato una mediazione tra laici e cattolici sul garantire a tutti idratazione e alimentazione aritificiale (che sono "atti medici" e non terapie) a esclusione di chi abbia specificato di non volerli nel caso in cui si trovasse nella condizione di Eluana. Che, come sottofondo agli ultimi giorni, continua ad avere polemiche e anatemi. (3 febbraio 2009)
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L'UNITA' per l'articolo completo vai al sito http://www.unita.it2009-02-04
Le sei bugie sul caso Englaro. Ecco come stanno le cose di Luca Landò 1. "Eluana soffrirà" Il cervello di Eluana è stato irrimediabilmente compromesso la notte del 18 gennaio 1992 quando la sua auto slittò sul terreno ghiacciato e andò a sbattere contro un muro. L’incidente lasciò intatte le parti del cervello che controllano le funzioni fisiologiche primarie, come la respirazione e il battito cardiaco, che si trovano nel cosiddetto tronco encefalico. I danni più gravi riguardarono invece la corteccia cerebrale, una sorta di "cuffia" che avvolge il cervello e nella quale vengono elaborate funzioni più complesse come la parola, la visione, la percezione del dolore ma anche la fame e la sete. Quando i medici della clinica di Udine inizieranno a ridurre progressivamente l’idratazione e l’alimentazione artificiale, Eluana non si accorgerà di nulla, così come è da 17 anni che non avverte né fame, né sete, né dolore. 2. "Potrebbe risvegliarsi" Dire che Eluana si possa riprendere dalla situazione in cui si trova (stato vegetativo permanente) è come dire che il treno su cui viaggiamo deraglierà sicuramente o che la casa in cui ci troviamo crollerà tra cinque minuti: tutto è possibile, ma le probabilità che simili eventi accadano sono talmente basse da non poter essere prese in considerazione ai fini delle nostre decisioni (altrimenti non viaggeremmo sui treni o non abiteremmo dentro case). 3. "È come Terry Schiavo" Eluana è stata definita la Terry Schiavo italiana, con riferimento alla giovane americana su cui si è accesa una violenta battaglia giuridica. Come scrive Maurizio Mori nel suo libro ("Il caso Eluana Englaro", Pendragon Editore), "l’analogia è corretta per quanto riguarda l’aspetto clinico (in entrambi i casi si parla di stato vegetativo permanente), è invece sbagliata per quanto riguarda i risvolti giuridici". La vicenda di Terri Schiavo divenne una "caso" per via della fortissima divergenza tra i famigliari. Il marito asseriva che lei non avrebbe mai voluto restare in stato vegetativo e chiedeva la sospensione dell’alimentazione e idratazione artificiali; al contrario, il padre, la madre e il fratello della donna sostenevano che quella non era la volontà di Terri. "Il caso Eluana - ricorda Mori, che ben conosce la famiglia - non ha mai presentato alcun contrasto tra i famigliari. Anzi, la situazione è diametralmente opposta: i genitori Englaro sono perfettamente concordi circa la sospensione dei trattamenti". Il caso Terri Schiavo, semmai, insegna un’altra cosa: l’autopsia eseguita subito dopo la morte della donna rivelò che il cervello si era irrimediabilmente atrofizzato al punto da pesare soltanto 615 grammi (circa la metà del normale). Quell’esame stabilì senza ombra di dubbio che le sue condizioni erano "irreversibili e che nessun tipo di terapia o cura riabilitativa avrebbero potuto cambiare le cose", come disse il dottor John R. Thogmartin, patologo del sesto distretto giudiziario della Florida che condusse l’autopsia. 4. "Morirà di sete" Dicono: interrompere l’idratazione e l’alimentazione artificiale ad Eluana è come togliere il pane e l’acqua a una persona. L’analogia fa effetto ma è sbagliata: si tratta infatti di trattamenti sanitari che richiedono un intervento del medico sia per quanto la modalità di somministrazione (nel caso di Eluana un sondino nasogastrico) sia per il tipo sostanze inserite (non un frullato di frutta preparato in cucina ma una miscela di proteine, vitamine e quant’altro indicate dietro rigorosa prescrizione medica). Se si decide di interrompere ogni forma di accanimento terapeutico, come in questo caso, è giusto sospendere anche questi trattamenti artificiali. 5. "È un omicidio" Maurizio Gasparri, presidente dei Senatori PdL, ha detto ieri che "è iniziato l’omicidio di Eluana", frase che si accompagna a quella di Enrico La Loggia, vicepresidente del Gruppo PdL alla Camera ("A Udine si sta per compiere un vero e proprio omicidio") e a quella del cardinale Barragan ("Fermate quella mano assassina"). Infine l’associazione cattolica "Scienza & Vita", lo scorso anno, ha lanciato un appello che iniziava con queste parole: No alla prima esecuzione capitale della storia repubblicana". Prima di usare simili espressioni, pronunciate al solo scopo di stimolare emozioni e attirare attenzione, sarebbe bene riflettere su alcuni punti: 1) l’articolo 32 della Costituzione dice che "Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario" e che "La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana". Proprio di recente, una donna a cui si è prospettata la necessità di amputare un arto, ha deciso di rifiutare l’intervento anche se questa scelta le è costata la vita; 2) il padre di Eluana ha percorso tutto l’iter del nostro sistema giudiziario prima di ottenere l’autorizzazione a interrompere i trattamenti artificiali di alimentazione e idratazione che da 17 anni tengono in vita il corpo di Eluana. I giudici hanno riconosciuto: a) che il padre ha svolto il ruolo di tutore delle volontà della figlia (che non avrebbe voluto vivere in condizioni di stato vegetativo); b) che i trattamenti artificiali di alimentazione e idratazione sono trattamenti medici e, come tali, rientrano in questo caso nella fattispecie di accanimento terapeutico 3) l’omicidio, il più grave dei reati, è punito con le pene più alte: il medico che interrompe, dietro volontà del paziente o del suo tutore, una situazione di accanimento terapeutico non è punito dalla legge; al contrario, lo sarebbe se si ostinasse a curare il paziente contro la sua volontà (abuso di ufficio). 4) a parte la scelta di ignorare il dramma di una famiglia (ma anche quello di altre 2500 nella stessa condizione) gli esponenti di Scienza & Vita hanno deciso di non riconoscere la figura dei giudici della Corte di Appello e della Corte di Cassazione che hanno sentenziato sul caso Englaro. La condanna capitale in Italia è infatti vietata dalla Costituzione (art. 27): cosa intendevano sostenere gli autori dell’appello, che in Italia i giudici non rispettano la Costituzione? 6. "Si tratta di eutanasia" La Cei ha detto ieri che "togliere idratazione e alimentazione ad Eluana è eutanasia". Va notato come nella frase, ripresa dalle agenzie, manchi l’aggettivo "artificiale": come spiegato sopra, l’alimentazione e l’idratazione artificiali sono, in questo caso, trattamenti sanitari e, dunque, da interrompere per volontà del padre che, come riconosciuto dalla legge, rappresenta quella della figlia. L’eutanasia viene praticata in alcuni Paesi, l’Olanda ad esempio, per alleviare le sofferenze di pazienti terminali. La morte viene indotta con la somministrazione, prima di un sedativo, poi di una sostanza che blocca il battito cardiaco o interrompe la respirazione: è dunque un intervento attivo che viene effettuato dietro volontà del paziente e dopo la decisione di un giudice. Eluana non è una paziente terminale: non ha un male che la consuma giorno dopo giorno. Nessuno, inoltre, ha mai parlato di interrompere il suo battito cardiaco ricorrendo a farmaci. Eluana si trova invece in una situazione vegetativa permanente che si protrae nel tempo solo per i trattamenti di idratazione e alimentazione artificiali. Secondo quanto detto dal padre e dai giudici dopo 12 anni di valutazione del caso, questi trattamenti sono stati sempre effettuati contro la sua volontà. 04 febbraio 2009
Eluana è a Udine, Chiesa e Pdl all'attacco È l'alba di martedì, quando l'ambulanza con a bordo Eluana Englaro arriva a Udine. Destinazione clinica La Quiete, il luogo dove finalmente la sentenza della Corte d'Appello di Milano potrebbe prendere forma. Un viaggio nella notte, per evitare occhi indiscreti, per scongiurare fughe di notizie. Ma non è bastato: Eluana e la sua famiglia, la quiete che cercano da diciassette anni, non l'hanno ancora trovata. È vicino alla famiglia anche il presidente della Camera Gianfranco Fini: "Invidio chi ha certezze sul caso Englaro. Personalmente non ne ho, nè religiose nè scientifiche. Ho solo dubbi, uno su tutti: qual è e dov' è il confine tra un essere vivente e un vegetale? Penso che solo i genitori di Eluana abbiano il diritto di fornire una risposta. E avverto il dovere di rispettarla". Insomma, Fini risponde all'appello del presidente Napolitano che aveva invitato la politica ad avere una "discussione pacata" e a "colmare in Parlamento il vuoto legislativo" che attanaglia la questione. Un po' le stesse parole usate da Walter Veltroni: "In vicende così delicate nelle quali si parla della vita e della morte di persone in carne ed ossa – ha dfetto – ci vuole rispetto e discrezione da parte della politica". Veltroni ricorda che "ci sono sentenze ripetute e diverse che è giusto siano rispettate" e che la politica deve "impegnarsi in Parlamento per cercare di approvare una legge sul testamento biologico" Ad aspettare Eluana a Udine ci sono orde di contestatori. Quelli che difendono la vita ad ogni costo, che accusano medici e familiari di "omicidio". Invano, Beppino Englaro, che ha raggiunto il Friuli nel pomeriggio, chiede rispetto per le sue decisioni e per le sentenze della magistratura. Chiede silenzio, Beppino Englaro, dice che "fino alla fine di questa vicenda non parlerò più", ma nessuno oggi è disposto a concederglielo. Sul corpo di sua figlia si gioca una battaglia che la Chiesa e il Pdl non accettano di perdere. Basta leggere le dichiarazioni del sottosegretario alla Salute, Eugenia Roccella, per capire che, comunque vada, non finirà qui: "Se si applicasse il decreto della Corte di appello di Milano e si portasse alla morte Eluana Englaro – sostiene – questa sarebbe la prima volta che si fa morire una persona in Italia a seguito di una sentenza della magistratura: sarebbe un precedente gravissimo". Le fa eco il senatore Calabrò, relatore della legge sulle dichiarazioni anticipate di trattamento, che si ostina a sostenere che "il paziente in stato vegetativo, se viene stimolato a pensare ad una situazione gradevole, può rispondere emotivamente allo stimolo". Il presidente del Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia, l'esponente della Lega Edouard Ballaman, arriva addirittura a chiedere di togliere a Beppino Englaro "la patria potestà, perchè una persona che non ce la fa più, evidentemente, a sopportare questa situazione". La Cei non ha dubbi: "È eutanasia". Berlusconi, dal canto suo, non ne vuole parlare. Passeggiando attorno a palazzo Grazioli, a chi gli chiede il suo punto di vista dice "no, non voglio intervenire". Si sente sollevato, invece, il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni: "Volevano che fossimo complici di questa cosa orribile, ma non l'hanno ottenuto". Un consigliere comunale del Pdl di Lecco, Giacomo Zamperini, 25 anni, lunedì notte ha addirittura tentato di fermare l'ambulanza diretta a Udine, sdraiandosi sul cofano. È stato denunciato. Continueranno a parlare ancora, non ci illudiamo. Ma, come spiega l'avvocato degli Englaro, Vittorio Angiolini, "ora tutto è nelle mani dei medici e degli infermieri". L'Ordine dei medici del Friuli Venezia Giulia ha già deciso di non intervenire. Il professor Amato De Monte, primario di anestesia e rianimazione all'ospedale Santa Maria della Misericordia di Udine, l'uomo che con la sua equipe assisterà Eluana nel suo ultimo viaggio si dice "profondamente devastato come uomo, come padre, come medico e come cittadino. Ma farà il suo dovere, rispetterà la volontà di un padre e di un giudice, come ogni stato di diritto, laico e civile, dovrebbe saper fare. "Per i primi tre giorni si continuerà a nutrirla artificialmente, per consentire al personale medico di verificare la situazione - ha spiegato un medico dell'equipe, il Prof. Defante - Dopo, senza staccare il sondino, sarà sospesa l'alimentazione. Da quel momento Eluana tornerà nella condizione originaria, cioè a quello stadio di malata terminale che precede la degenerazione e, quindi, la morte. Ci vorranno circa 15 giorni perchè ciò avvenga. Infine sarà effettuata l'autopsia". 03 febbraio 2009
Margherita Hack: "Un centrodestra di arroganti e ignoranti" di Maria Zegarelli Non parla soltanto come scienziata, parla come cittadina di un paese che fatica a riconoscere. E non fa sconti, Margherita Hack. Non si spengono i riflettori su Eluana Englaro, si annunciano marce su Udine. Che ne pensa? "Intanto vorrei dire che apprezzo molto l’atteggiamento del presidente del Friuli Renzo Tondo, un uomo del Pdl che ha assunto una posizione laica e di grande rispetto". Ha visto il video choc, le persone che gridavano a Eluana sull’ambulanza: "Ti vogliono uccidere"? "È una vergogna. Se non ci fossero stati i progressi della medicina Eluana sarebbe morta 17 anni fa, questa è la verità". C’è chi accusa di omicidio i medici che sospenderanno i trattamenti artificiali. La Chiesa parla di eutanasia. "Qui non siamo di fronte alla difesa della vita, siamo di fronte a posizioni ideologiche. C’è qualcuno che vuole far vincere le proprie idee senza considerare Eluana. Eluana è già morta, di fatto. È un corpo tenuto in vita da macchine, non in grado di soffrire o di capire cosa le sta accadendo intorno. È come fosse sotto anestesia da 17 anni". Forse la Chiesa e i cattolici hanno paura che si crei un precedente con l’applicazione di questa sentenza, in vista della legge sul testamento biologico? "Ma una legge sul testamento biologico è indispensabile e deve tutelare le volontà del paziente". È questo il punto. C’è chi sostiene che idratazione e alimentazione artificiale non siano cure mediche e quindi nessuno può sospenderle. "Sarebbe innaturale imporre una cosa del genere: stiamo parlando di trattamenti medici. Qui non c’è più alcun sentimento cristiano verso chi soffre, c’è soltanto la volontà di imporre il proprio punto di vista. Se vogliono fare una legge del genere è meglio che lascino stare, significherebbe togliere diritti alle persone sulla propria vita e il proprio corpo. È inammissibile". Davanti al caso di Eluana come ci si dovrebbe muovere? "Con il massimo del rispetto. L’ingerenza della Chiesa e la debolezza della politica sono due cose veramente insopportabili. La politica solo una cosa deve fare: una legge per il testamento, che poi deve essere eseguito secondo le volontà di chi lo ha sottoscritto". Secondo lei c’era un altro modo di raccontare il caso Englaro? "Credo che finora tutto si sia mosso con una grande irrazionalità, con grande voglia di prevaricare la volontà degli individui. È incivile". Nel centrodestra c’è chi ha chiesto un decreto d’urgenza per bloccare tutto. "Questo centrodestra è formato da un branco di politici arroganti e ignoranti che pretende di bloccare una decisione della magistratura. Ma il Pd dovrebbe essere più coraggioso". 04 febbraio 2009
Testamento biologico: ecco il ddl in discussione di Tullia Fabiani Sarà un cammino accidentato, più o meno lungo. È cominciato nei giorni scorsi in Commissione Sanità del Senato, dove il disegno di legge sul "testamento biologico" ((Dat-Dichiarazione anticipata di trattamento), è approdato oggi per la discussione. Il testo presentato dalla maggioranza, un testo di sintesi, riunisce, anche se piegandoli alle proprie esigenze poltiiche, altri dieci disegni presentati in questi mesi in Parlamento. Ma già si prevede un dibattito complesso, e segnato da forti contrasti. Soprattutto su un punto: la richiesta di sospensione di "sostegni vitali" quali alimentazione e idratazione, non considerata affatto nel ddl. E motivo di scontro, poiché è proprio su questo aspetto che negli ultimi mesi si è accesa la vicenda di Eluana. Oggi, a tal proposito, è intervenuto di nuovo anche il Capo dello Stato. Parlando dal Lussemburgo, iNapolitano ha auspicato infatti che le Camere colmino l'attuale vuoto legislativo con "un esame parlamentare pacato".
Il ddl ('Disposizioni in materia di alleanza terapeutica, di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento') si muove, spiega il relatore Raffaele Calabrò (Pdl), "nel pieno rispetto del diritto positivo e in primis della Costituzione italiana" di "riaffermare il valore inviolabile dell'indisponibilità della vita". Ma cosa prevede la bozza in discussione? Firma e durata. Il "testamento " dovrà essere firmato da un medico e depositato dal notaio e sarà valido per 3 anni. Trascorso il periodo il testamento dovrà essere riconfermato con atto ufficiale oppure modificato. È prevista la figura di un fiduciario che però non è vincolato a rispettare le indicazioni contenute nel documento (figura già prevista dal ddl dell'opposizione, presentato dal senatore Pd, Ignazio Marino, tenuta invece a rispettare le indicazioni dettate). Alimentazione e idratazione artificiali vengono definite "forme di sostegno vitale", che non possono essere oggetto di dichiarazione anticipata di trattamento, "trattandosi di atti eticamente e deontologicamente dovuti". Dunque sono escluse dalle terapie di cui il cittadino potrà richiedere la sospensione in previsione della eventuale perdita delle capacità di intendere e di volere. Il soggetto, è scritto nella Dat "non può in alcun modo esprimere desideri che siano contrari alle norme giuridiche vigenti nel nostro paese, chiedendo e ottenendo interventi eutanasici o che possano configurarsi come suicidio assistito". Allo stesso modo- si legge nel testo- si intende "vietare ogni forma di accanimento terapeutico, sottoponendo il soggetto a trattamenti futili, sproporzionati, rischiosi o invasivi". La Convenzione di Oviedo Come riferimento della legge si cita la Convenzione "che sancisce che nel caso il paziente non sia in grado di esprimere i propri desideri", si debba tenere conto "di quelli espressi precedentemente", principio, si sottolinea, "già recepito dal Codice di deontologia medica italiano". Secondo questo principio, "il medico, anche se su richiesta del malato, non deve effettuare o favorire trattamenti diretti a provocarne la morte". Tutti riferimenti normativi, "non a caso", precisa il relatore, "ripresi dal Comitato nazionale per la bioetica nel documento del 2003 intitolato 'Dichiarazioni anticipate di trattamento'". In particolare, nei primi tre articoli del ddl "si delineano in maniera chiara le finalità della proposta di legge che vuole garantire l'inviolabilità e l'indisponibilità della vita umana". Agli articoli 2 e 3 si precisa "il divieto di ogni forma di eutanasia attiva e di suicidio assistito, nonché il divieto di forme di accanimento terapeutico". Nell'articolo 4 si disciplina il consenso informato, "prevedendo che il dichiarante debba essere informato in maniera completa e comprensibile su diagnosi, prognosi, natura, rischi e benefici del trattamento proposto". L'articolo 5 del ddl disciplina "i contenuti e i limiti" delle Dichiarazioni anticipate di trattamento, "attraverso le quali -specifica il relatore- il dichiarante esprime il proprio orientamento circa i trattamenti medico-sanitari e di fine vita, in previsione di una futura perdita della capacità di intendere e di volere". Sempre l'articolo 5 chiarisce, spiega ancora Calabrò, "che il redattore può rendere manifesta la propria volontà su quei trattamenti terapeutico-sanitari che egli in stato di piena capacità di intendere e dopo compiuta informazione clinica, è legittimato dalla legge a sottoporre al proprio medico curante". Ne deriva che nel testo "non possono essere inserite indicazioni finalizzate all'eutanasia attiva od omissiva". Nel ddl, quindi, si specifica al punto 6 "che l'idratazione e l'alimentazione artificiale, in quanto forme di sostegno vitale, non possono formare oggetto di dichiarazioni anticipate". La Dat "acquista efficacia" dal momento in cui "il paziente in stato neurovegetativo sia incapace di intendere e di volere". Secondo il testo della legge "la valutazione dello stato clinico spetta a un collegio formato da cinque medici (neurologo, neurofisiologo, nauroradiologo, medico curante e medico specialista della patologia)". Negli articoli 6, 7 e 8 si afferma che la Dat debba essere "redatta in forma scritta da persona maggiorenne, in piena capacità di intendere e di volere, accolta da un notaio a titolo gratuito". La dichiarazione è "sempre revocabile e modificabile, ha validità di tre anni, termine oltre il quale perde ogni efficacia". L'articolo 7 prevede "la nomina di un fiduciario che, in collaborazione con il medico curante si impegna a far sì che si tenga conto delle indicazioni sottoscritte dal paziente". L'articolo 8, inoltre, "garantisce al medico la possibilità di disattendere la Dat, sentito il fiduciario, qualora non siano più corrispondenti gli sviluppi delle conoscenze tecnico-scientifiche e terapeutiche, motivando la decisione della cartella clinica". Inoltre, nel testo si stabilisce che "nel caso di controversia tra il fiduciario e il medico curante, la questione venga sottoposta alla valutazione di un collegio di medici". Tale parere "non è vincolante per il medico curante, il quale non sarà tenuto a porre in essere personalmente prestazioni contrarie alle sue convinzioni di carattere scientifico e deontologico". Negli articoli 9 e 10 si disciplina "l'ipotesi di contrasto tra soggetti parimenti legittimati ad esprimere il consenso al trattamento sanitario", stabilendo che "la decisione è assunta, su istanza del pubblico ministero, da giudice tutelare o, in caso di urgenza, da quest'ultimo sentito il medico curante". Nelle disposizioni finali del ddl è prevista "l'istituzione di un registro delle dichiarazioni anticipate di trattamento nell'ambito di un archivio unico nazionale informatico presso il consiglio nazionale del notariato". Tale registro è consultabile, in via telematica, "unicamente dai notai, dall'autorità giudiziaria, dai dirigenti sanitari e dai medici responsabili del trattamento sanitario di soggetti in caso di incapacità". Le reazioni. All'avvio della discussione arrivano i commenti critici: "Una sconfitta annunciata e organizzata" la dfinisce vicepresidente del Senato Emma Bonino nel corso della V assemblea interregionale dei Radicali. "La proposta della maggioranza che esclude l'idratazione e l' alimentazione dalle volontà individuali non è stata una novità - ha spiegato Bonino - era ampiamente prevista e, nonostante questo, non è stata chiamata nessuna mobilitazione popolare, nessun Circo Massimo, nessuna piazza San Giovanni, ma è stata delegata la questione a schermaglie parlamentari, riportandoci nello schema della legge 40". Bonino ha spiegato che "faremo tutte queste schermaglie parlamentari", come la richiesta che sia coinvolta nella questione del testamento biologico la commissione affari costituzionali, "ma - ha precisato - a Veltroni e ai compagni del Pd dico che i numeri della maggioranza sono sulla carta. E se a questi numeri aggiungiamo l'alleanza dei Teodem del Pd siamo in una sconfitta annunciata, organizzata, per una delle leggi più aberranti del nostro Paese". Ma il Pd, e in particolare il senatore Marino, si dicono convinti che la discussione sia ancora tutta aperta. E auspicano alcuni cambiamenti condivisi che siano un segnale di laicità. "Il disegno di legge presentato in Commissione Sanità dal Senatore Calabrò è solo un testo base di discussione. Da lì partiremo per un confronto il più ampio possibile, con la speranza di riuscire a migliorarne i contenuti, trasformandolo in una legge applicabile'", ha spiegato il Presidente della Commissione parlamentare d'inchiesta sul SSN. "Che il testamento biologico - ha aggiunto Marino - sia argomento che appassiona il Partito democratico è nei numeri: ben 45 senatori del Pd si sono iscritti a parlare nelle prossime sedute, da Emma Bonino a Sergio Zavoli, compresi esperti di diritto come Gianrico Carofiglio, Felice Casson, Stefano Ceccanti e Gerardo D'Ambrosio". Infine ha concluso con un affondo critico: "Un ddl che non consente al cittadino una scelta vincolante e non permette di rifiutare idratazione e nutrizione artificiale, neanche se non vi è alcuna ragionevole speranza di recupero dell'integrità intellettiva". 03 febbraio 2009
Il Pd evita la conta e sceglie "l'orientamento prevalente" di Simone Collini Sul testamento biologico il Pd arriva a un "orientamento prevalente", ma non a una posizione unitaria. I 336 parlamentari democrat rimangono chiusi a discutere per tutta la mattina, dopo aver dedicato all’argomento mesi di riunioni e un’ultima settimana di confronto serrato. Ma alla fine non c’è nessuna votazione, le critiche per la scelta non mancano e i Radicali attaccano la decisione "pilatesca" dei colleghi di gruppo parlamentare. La riunione era stata convocata per compattare il partito in vista del 27 gennaio, quando la maggioranza presenterà in commissione Sanità al Senato un disegno di legge sul testamento biologico. Il testo dovrebbe prevedere che il paziente può esprimersi soltanto sulla terapia da seguire ma senza decidere se essere nutrito e idratato artificialmente. È proprio su questa questione che il Pd non è riuscito a mettere d’accordo tutte le anime interne. Il documento su cui i democrat hanno tentato la convergenza - messo a punto da un gruppo coordinato da Marina Sereni - prevede che idratazione e alimentazione in quanto atti medici non assimilabili a una terapia devono essere assicurati a ogni paziente "a meno che la loro sospensione non sia espressamente scritta nella Dichiarazione anticipata di trattamento" e nei casi di "stati neurovegetativi assimilabili alla fine della vita". Un’ipotesi, come fa notare la stessa Sereni, che "non era contenuta in nessuna delle proposte di legge fin qui presentate da esponenti del Pd". E attorno a cui si è costruito quella "posizione prevalente" di cui parla Anna Finocchiaro al termine della riunione a porte chiuse. Sia la vicecapogruppo del Pd alla Camera che la capogruppo del Pd al Senato esprimono soddisfazione e minimizzano il fatto che i parlamentari si siano lasciati senza una votazione. "Un testo su cui si raggiungeva il 51% si faceva presto a farlo e invece abbiamo lavorato per arrivare, da posizioni iniziali molto distanti, a raccogliere un largo consenso", dice la prima. "Il problema non è votare o no perché se siamo d’accordo non c’è neppure bisogno di votare", dice la seconda lasciando intendere che non voteranno nemmeno i singoli gruppi. "Il momento dei voti verrà nel corso del dibattito parlamentare", aggiunge Dario Franceschini cancellando ogni possibile dubbio al riguardo. È fin d’ora prevedibile che il Pd in aula si dividerà. Ignazio Marino, come pure Barbara Pollastrini e Gianni Cuperlo, avrebbe preferito la chiarezza di un voto. Ricorre con una battuta al Vangelo, il chirurgo eletto senatore: "Un sì o un no, il resto viene dal maligno. Gesù Cristo non ha parlato del sì, del no e del prevalente". Dal canto loro, teodem e diversi ex popolari evocano il "rischio di aprire le porte all’eutanasia". Paola Binetti fa sapere che ne ha parlato anche con Beppe Fioroni, e poi insieme Luigi Bobba e altri teodem ha diffuso una dichiarazione in cui si dice che idratazione e alimentazione non possono essere materia di Dichiarazione anticipata di trattamento". A sera, Marina Sereni scuote la testa: "Saremo utili se riusciremo a incidere, non se continueremo ad agitare bandiere". 02 febbraio 2009
Le storie: il testamento biologico si fa dal giudice La legge ancora non c'è. Chissà se, quando e come sarà. E nel frattempo il vuoto viene colmato dalle iniziative personali: dalle scelte di coloro che hanno poca voglia di aspettare, e nessuna voglia di trovarsi a non poter decidere della loro vita, quando è alla fine. Appesa a sondini e respiratori. Così parlano a mogli e figli, o a mariti, e fratelli: dicono loro quello che vogliono nel caso in cui dovessero trovarsi in certe condizioni. Si raccomandano che rispettino il desiderio. Poi prendono un appuntamento con un avvocato, mettono nero su bianco. E vanno da un giudice. A Firenze ha deciso di farlo un uomo di 57 anni, in perfette condizioni fisiche e mentali, che ha presentato, tramite il suo legale, un ricorso al giudice tutelare: chiede di non volersi sottoporre a trattamenti sanitari nel caso in cui, in futuro, perda la capacità mentale a causa di una malattia irreversibile come quella che affligge di Eluana Englaro. Nel ricorso, presentato dall'avvocato del Foro di Firenze Sibilla Santoni, l'uomo ha richiesto la nomina della figlia per far rispettare le sue volontà nel momento eventuale in cui egli non sarà più in grado di esprimerle. "Si tratta di una acrobazia giuridica - spiega il legale - per far rispettare la volontà di una persona, oggi cosciente, ma che un domani potrebbe non essere in grado di ribadirla. In Italia il testamento biologico davanti a un notaio è inutile. Il nostro ricorso parte invece da un'applicazione innovativa dell'articolo 408 del codice civile che dal 2004 prevede la possibilità di nominare un amministratore di sostegno, soggetto che di solito interviene a tutela di una persona incapace di provvedere ai propri interessi. Potrebbe di fatto aprire la strada al testamento biologico". Sulla base di questa norma, l'uomo chiederà al giudice tutelare di nominare la figlia per far rispettare le sue volontà nel momento in cui non sarà più in grado di esprimerle. "Spero che il mio gesto possa scatenare una reazione a cascata e sensibilizzare ulteriormente il legislatore sulla necessità di una legge che preveda il diritto al rispetto delle proprie volontà e alla dignità personale" ha commentato l'uomo, G.G.. Ma prima di lui già a Modena, nei mesi scorsi, c'è stato un altro uomo che ha scelto di fare altrettanto, recandosi dal notaio con la moglie. Un affermato professionista 50enne modenese, del tutto in salute, nel timore di vedere guastate, per qualsiasi motivo, le proprie condizioni fisiche, ha nominato la moglie suo amministratore di sostegno. La donna sarà perciò garante della sua volontà di "non essere sottoposto ad alcun trattamento terapeutico in caso di malattia allo stato terminale, malattia o lesione traumatica cerebrale irreversibile e invalidante" che lo costringessero "a trattamenti permanenti con macchine o sistemi artificiali che impediscano una normale vita di relazione". Il decreto, che per la prima volta in Italia, è stato applicato a un uomo ancora nel pieno delle forze, porta la firma del giudice tutelare del Tribunale di Modena, Guido Stanzani. Lo stesso giudice che il 13 maggio del 2008, già aprendo la strada verso lo stop a cure invasive "salvavita", affidò al marito di una malata di Sla il mandato di rispettare il suo volere di non essere tracheotomizzata. "La moglie del mio assistito è autorizzata a negare il consenso a terapie invasive non volute in caso di incidenti o malattie invalidanti, per non trovarsi in una situazione simile a quella di Eluana Englaro" conferma l’avvocato del professionista, Maria Grazia Scacchetti. Il decreto apre comunque una procedura reversibile: l’uomo potrà tornare sui suoi passi e "comunicare il cambiamento della sua volontà al giudice tutelare, anche con un sms o per telefono". Il giudice Stanzani definisce "non ordinarie" le terapie che solo determinati specialisti possono attuare, con "mezzi messi a punto dalla tecnologia solo da alcuni lustri". Cure d’urgenza che si applicano per strappare alla morte, ma che, per il giudice, "forzano le regole dell’autodeterminazione, se è espressa una volontà contraria, e impediscono la fisiologica evoluzione di percorsi biologici". La sentenza si fonda sul diritto di non curarsi, quale diritto assoluto, riconosciuto recentemente dalla Cassazione e "improntato alla sovrana esigenza di rispetto dell'individuo", dichiara il giudice. Questi i punti chiave: RIFIUTO TERAPIE SALVIFICHE: il decreto accoglie la volontà dell'uomo a non essere sottoposto a tecniche di ventilazione, idratazione e alimentazione forzate e artificiali e a beneficiare della terapia del dolore che preveda l'uso di farmaci oppiacei. L'EUTANASIA È UN'ALTRA COSA: il decreto rileva la differenza tra rifiuto delle terapie salvifiche ed eutanasia. Il rifiuto delle terapia si caratterizza "per il rispetto del normale percorso biologico sotto il profilo di non interferenza con il suo corso ovvero di suo ripristino, se forzatamente rallentato; nulla a che vedere, dunque, con l'eutanasia, la cui essenza consiste nell'indotta accelerazione del processo di morte". AMMINISTRATORE DI SOSTEGNO: è il fiduciario e garante che le volontà di fine vita espresse dall'uomo siano rispettate. Nel caso specifico si tratta della moglie dell'uomo e, nel caso in cui per la donna fosse impossibile svolgere questo ruolo, il compito spetterebbe alla figlia della coppia. TRE RUOLI CHIAVE: gli attori del testamento biologico previsti dal decreto sono quindi il soggetto che esprime le proprie volontà, l'amministratore di sostegno da lui nominato e il giudice tutelare. AL DI LÀ DEI PROGRESSI MEDICI: il decreto risponde all' obiezione, sollevata nel dibattito politico sul testamento biologico, secondo cui nuove possibilità di cura dovute a progressi scientifici e tecnologici potrebbero aprire nuove possibilità di cura e indurre quindi il soggetto a modificare le sue volontà di fine vita. L'obiezione sarebbe nulla, considerando che il "presupposto oggettivo" del rifiuto delle terapie salvifiche è lo stato di "malattia irreversibile allo stato terminale", una condizione che "renderebbe irrilevante qualsiasi evoluzione di scienza e tecnica intervenuta nel frattempo nell'affinamento di terapie volte a prolungare la sopravvivenza del corpo". Nei casi di Modena e Firenze sono intervenuti degli avvocati, ma per dare possibilità anche ad altri che volessero agire in questo modo, alcuni siti internet hanno messo a disposizione i moduli per richiedere il decreto di attuazione. Una volta scaricato il modulo (accessibile ai siti www.forumdonnegiuriste.it; www.lucacoscioni.it; www.aiaf-avvocati.it; www.consultadibioetica.org; www.liberauscita.it; http://net.equalvita.it/cdg-modena) si hanno gli elementi per redigere una scrittura privata, la cui firma va autenticata da un notaio. Quindi la scrittura va depositata nella cancelleria del giudice tutelare del luogo di residenza o domicilio. "È stata una mia iniziativa personale", dice l'avvocato Scacchetti "Non voglio guadagnare su un tema come questo, credo sia importante che la procedura non richieda affatto la presenza di un avvocato", spiega Scacchetti. Ma l'iniziativa ha scatenato immediate polemiche. "Grazie al precedente aperto dal decreto del giudice di Modena, oggi numerose associazioni incitano all'eutanasia pret-a-porter con comodi moduli scaricabili via internet. Non è accettabile", ha dichiarato in una nota Barbara Saltamartini, deputata del Pdl e responsabile delle Pari opportunità di An. "Si tratta di un'iniziativa che suscita enorme preoccupazione e che dimostra come una legge sul fine vita sia ormai assolutamente improrogabile - ha concluso Saltamartini - Come si fa a banalizzare una scelta del genere come se fosse una dichiarazione dei redditi?". Ma a quanto pare le persone preferiscono una "dichiarazione di redditi" oggi che un'evasione sul tema protratta sempre a domani. 02 febbraio 2009
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il SOLE 24 ORE per l'articolo completo vai al sito http://www.ilsole24ore.com2009-02-04 Eluana, il padre chiede silenzio. Napolitano: "Dibattito pacato su testamento biologico" 4 febbraio 2009 Eluana, Vaticano: "Non fatela morire". Fini: rispettare la volontà del padre Nella casa di cura "La Quiete" di Udine, dovrebbe concludersi l' odissea di Eluana Englaro che dura ormai da diciassette anni. Nella struttura sanitaria si dovrebbe dare corso alla sentenza che autorizza il padre della donna in stato vegetativo permanente a interrompere l'alimentazione e l'idratazione forzata che la tengono in vita. Dal ministero del Welfare però arriva un nuovo altolà, espresso dal sottosegretario Eugenia Roccella che ha ribadito di ritenere inapplicabile la sentenza della Corte d'Appello di Milano all'interno del Servizio sanitario nazionale e ha parlato di "un protocollo di morte". Lo stesso ministro Maurizio Sacconi ha definito la sospensione dell'alimentazione di Eluana come un passo verso l'eutanasia. Nel frattempo il padre, Beppino Englaro, ha chiarito che non parlerà più fino alla conclusione della vicenda e l'avvocato della famiglia chiede, una volta di più, riservatezza sulla vicenda. Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha auspicato "una discussione pacata in Parlamento sul testamento biologico, che non ha nulla a che vedere con l'eutanasia". Il Presidente della Camera Gianfranco Fini ha richiamato, invece, al "dovere di rispetto" per la famiglia di Eluana Englaro, sottolineando come personalmente egli non abbia "certezze, ma solo dubbi" sulla fine della vita.
Eluana, Vaticano: "Non fatela morire". Fini: rispettare la volontà del padre 3 febbraio 2009 Caso Englaro, Eluana arrivata a Udine per il suo ultimo viaggio È "inconcepibile pensare di uccidere una persona in questo modo": lo ha affermato il presidente del Pontificio consiglio per gli operatori sanitari Javier Lozano Barragan riferendosi all'interruzione dell'idratazione e dell'alimentazione per Eluana Englaro. "Quanto sta accadendo - ha aggiunto il cardinale - è un atto di antiumanesimo". "Invidio chi ha certezze sul caso Englaro. personalmente non ne ho, né religiose né scientifiche. Ho solo dubbi, uno su tutti: qual è e dov'é il confine tra un essere vivente e un vegetale?". È quanto ha invece affermato il presidente della Camera Gianfranco Fini. "Penso - ha aggiunto Fini - che solo i genitori di Eluana abbiano il diritto di fornire una risposta. E avverto il dovere di rispettarla". "Fino alla fine di questa vicenda non parlerò più. Poi si vedrà se avrà un senso parlare oppure no": lo ha detto in serata, a Udine, Beppino Englaro da martedì mattin ricoverata alla casa di riposo "La Quiete" del capoluogo friulano. Il padre di Eluana è arrivato nel pomeriggio a Udine e ha incontrato subito l'avvocato Giuseppe Campeis, che lo ha poi accompagnato alla casa di cura "La quiete" per una visita alla figlia. Nello studio del legale - si è saputo - Beppino Englaro ha firmato gli ultimi documenti. "Sotto il profilo del diritto - ha detto Campeis - non ho alcun dubbio".
Testamento biologico: via alla discussione sul testo Calabrò di Nicoletta Cottone 3 febbraio 2009 Oggi in commissione Sanità a Palazzo Madama inizia la discussione generale sul testo unificato elaborato dal relatore Raffaele Calabrò (Pdl) sul testamento biologico. Una discussione che inizia dopo l'ultimo viaggio di Eluana Englaro, la donna che vive in stato vegetativo da 17 anni, che l'ha portata a Udine, alla casa di riposo "La Quiete", per dare corso alla sentenza che autorizza la sospensione di alimentazione e idratazione artificiale. Una discussione, dunque, su un tema delicato e complesso. Lo soesst presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha auspicato che il Parlamento colmi un vuoto legislativo sul testamento biologico. Si tratta di "questioni delicate", ha detto il Capo dello Stato, in visita nel Granducato del Lussemburgo, che necessitano di una "discussione pacata". Indispensabile giungere a una legge, ora decidono i giudici. In commissione Sanità il lavoro è partito esaminando i dieci provvedimenti presentati, alcuni con una matrice comune, poi è stato affidato al senatore Calabrò il compito di redigere un testo unificato, da utilizzare cone testo base di discussione. "È molto sentita l'esigenza di giungere a una legge - sottolinea il relatore Calabrò al Sole 24 Ore.com - non solo dalla politica, ma dal Paese. Una normativa chiara è indispensabile in una situazione in cui vita e morte vengono decise dai giudici, dai presidente delle Regione o dai responsabili sanitari". Sulla necessità di una legge c'è convergenza fra le forze politiche. La mancanza di una legge, sottolinea la senatrice Emanuela Baio (Pd), "determina scelte contraddittorie e sconcertanti della magistratura. Il Parlamento deve fare una legge in tempi ragionevolmente brevi". Il testo unificato proposto dal senatore Calabrò, sottolinea la senatrice Baio, rappresenta "una buona sintesi su cui iniziare una discussione, perchè coniuga i due grandi principi su cui ci si è scontrati: l'inviolabilità della vita umana e la libertà della persona di esprimersi sulla propria vita". Lo scorso luglio proprio in Senato, fu approvato un ordine del giorno presentato in aula dal senatore Luigi Zanda (Pd), prima firmataria la senatrice Finocchiaro (Pd), che chiedeva a Palazzo Madama l'approvazione entro dicembre 2008 di un disegno di legge su consenso informato e dichiarazioni anticipate di trattamento, per colmare il vuoto legislativo , riconoscendo l'autonomia e la libertà della persona nelle scelte riguardanti la sua salute fisica e psicologica. È stato deciso che Palazzo Madama si sarebbe occupato delle dichiarazioni anticipate di trattamento e la Camera dell'assistenza di fine vita. No all'eutanasia e al suicidio assistito. Il testo unificato elaborato dal relatore Calabrò dice all'eutanasia e al suicidio assistito. Vietata anche ogni forma di accanimento terapeutico, sottoponendo il soggetto a trattamenti futili, sproporzionati, rischiosi o invasivi. "Il provvedimento sottolinea il diritto della persona - ha spiegato il senatore Calabrò - a decidere delle proprie cure ora, per allora, nella triste eventualità di trovarsi privi della capaicità di intendere e di volere". Alimentazione e idratazione artificiale non possono essere oggetto di Dichiarazione anticipata di trattamento, spiega Calabrò, in quanto forme di sostegno vitali, necessari e fisiologicamente indirizzati ad alelviare le sofferenze del soggetto in stato terminale, la cui sospensione configurebbe una ipotesi di eutanasia passiva. In 10 articoli la proposta sul testamento biologico. Il provvedimento, in 10 articoli, delinea le finalità della proposta di legge, garantendo la partecipazione del paziente all'identificazione delle cure mediche nell'ambito dell'alleanza terapeutica fra medico e paziente, disciplinando il consenso informato, i contenuti e i limiti delle Dichiarazioni anticipate di trattamento (Dat). Chiarendo che la Dat deve essere redatta in forma scritta, da una persona maggiorenne con capacità di intendere e di volere, accolta da un notaio a titolo gratuito (questo è uno dei punti controversi, visto che molti ritengono che non ci sia bisogno di un notaio). Il documento è revocabile, modificabile e ha 3 anni di validità. Prevede la nomina di un fiduciario che, in collaborazione con il medico curante, si impegna a far rispettare le volontà del paziente. La nomina del fiduciario è, però facoltativa, mentre in commissione Sanità molti la vorrebbero obbligatoria. Il medico nel testo unificato ha la possibilità, motivando la decisione nella cartella clinica, di disattendere le Dat se non siano corrispondenti agli sviluppi delle conoscenze tecnico-scientifiche o terapeutiche. In caso di controversia fra fiduciario e medico curante la questione è sottoposta alla valutazione di un collegio medico costituito da un medico legale, un neurofisiologo, un neuroradiologo, il medico curante e il medico specialista della patologia designati dalla direzione della struttura di ricovero. Il parere non è vincolante per il medico curante, che non è tenuto a porre in essere personalmente prestazioni contrarie alle sue convinzioni. Il provvedimento esamina anche le ipotesi di contrasto fra soggetti legittimati a esprimere il consenso al trattamento sanitario, stabilendo che la decisione viene assunta dal giudice tutelare, su istanza del pubblico ministero da chiunque ne abbia interesse, o in caso di urgenza, dallo stesso giudice tutelare, sentito il medico curante. Previsto un registro per le dichiarazioni anticipate di trattamento. Nelle disposizioni finali del provvedimento è prevista l'istituzione di un registro delle dichiarazioni anticipate di trattamento presso il Consiglio nazionale del notariato, consultabile in via telematica da notai, autorità giudiziaria, dirigenti sanitari e medici responsabili del trattamento sanitario di soggetti in caso di incapacità. Il provvedimento vieta l'eutanasia, anche attraverso comportamenti omissivi e il suicidio assistito. Vietato anche l'accanimento terapeutico.
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